venerdì 28 novembre 2008

Long Drink Lounge Music - Cocktails, 30 - 11-08


Salve a tutti, io sono Michele Baldini e questa è Long Drink, Lounge Music. Ben ritrovati
Sono di nuovo qui anche questa volta per divulgare il verbo della filosofia lounge, prim' ancora della musica e, spero, che la mezz' ora che seguirà, sia di vostro più totale gradimento, anzi, che lasciate scorrere a basso volume tutto quanto dirò e i dischi che passeranno mentre sarete comodamente seduti a bere e parlare.

La parola cocktail appare per la prima volta nell'edizione del 16 maggio 1806 del Balance and Columbian Repository (un antico quotidiano anglosassone) che ne dava la seguente definizione:
« Cocktail is a stimulating liquor composed of spirits of any kind, sugar, water, and bitters. »
« Bevanda stimolante, composta di diverse sostanze alcoliche alle quali viene aggiunto dello zucchero, dell'acqua e dell'amaro.»
La prima pubblicazione di una guida che includesse ricette di cocktail è del 1862: How to Mix Drinks; or, The Bon Vivant's Companion, del professor Jerry Thomas. Oltre alla lista delle solite bevande con mix di liquori, vi erano scritte 10 ricette che erano chiamate "Cocktails". L'ingrediente che differenziava i "cocktails" dalle altre bevande in questo compedio era l'uso degli amari, anche se questo tipo di ingrediente non si trova oramai quasi più nelle ricette moderne.

Durante il Proibizionismo negli Stati Uniti (1919-1933), quando il consumo di alcool era illegale, i cocktail erano comunque bevuti negli "speakeasies"(i bar illegali spesso collegati alla malavita organizzata). Durante questo periodo la qualità dei liquori era scadente rispetto ai periodi precedenti, per questo motivo i baristi tendevano a mescolare i liquori con altri ingredienti. Proprio durante questo periodo si fanno risalire le prime vere raccolte di ricette per cocktail dell'era moderna, soprattutto in Europa, con le 900 recettes de cocktail di Torelli nel 1927 a cura di Torelli (un barman di Parigi) e il The Sailoy Cocktail inglese del 1931. Anche cinema e letteratura hanno contribuito al successo dei cocktail.

Il cocktail senz' altro più diffuso, almeno in Italia è il cosiddetto americano che a dispetto del nome, fa uso esclusivamente di prodotti italiani: bitter Campari, Vermouth rosso e selz.
Questo cocktail aperitivo è molto semplice da preparare: si versano gli ingredienti direttamente nell'old fashioned (in alternativa, in un tumbler basso), esiste una intera gamma di bicchieri da cocktail di cui parlerò più avanti nel corso delle puntate, con alcuni cubetti di ghiaccio e si mescolano con lo stirrer. Si colma con soda water e si decora con la mezza fetta d’arancia e la scorza di limone.
Secondo alcuni si tratta di un cocktail creato in Italia nei primi anni del ventesimo secolo. Il suo nome, forse dovuto alla moda di americanizzare tutto, è fuori luogo in quanto tra gli ingredienti non c’è nulla ….di americano! Il vermouth è torinese, il Bitter Campari è milanese, così anche la soda water (letteralmente acqua di soda) fu inventata a Milano.

Il nostro cocktail nazionale è tuttavia il Negroni, un cocktail alcolico dal tipico colore arancione, ideato a Firenze nel 1919-20 dal conte Camillo Negroni. Il Conte era solito chiedere al barman del Caffè Casoni (forse un certo Angelo Tesauro) di Via de' Tornabuoni «il solito» cioè un «Americano con un'aggiunta di gin». Dal nome del conte che tanto lo amava, nacque così uno dei più famosi aperitivi italiani, l'Americano alla maniera del conte Negroni, chiamato poi semplicemente Negroni.
Un'altro sig. Negroni, che si chiamava Guglielmo, nato a Villanova d'Arda vicino a Busseto nel 1889, fondò a Treviso una distilleria chiamata "Industria Liquori Negroni" e realizzò tra i vari prodotti un noto infuso d'erbe chiamato: '"Antico Negroni 1919" o "Negroni Old". Negli anni poi realizzò anche una versione più leggera chiamata "Negroni Sixteen".
Molto nota è pure la variante più leggera e frizzante: il "Negroni sbagliato", inventato al Bar Basso di Milano.

La classificazione dei vari cocktails viene fatta in base a Struttura, Capacità, Temperatura di Servizio e Momento di consumo. Quest' ultima categoria viene a sua volta suddivisa in pre-dinner (i cosiddetti aperitivi), After dinner (o digestivi, ma in realtà nessun alcolico stimola la digestione, semmai la prolunga) e per tutte le ore
La parola aperitivo deriva dal latino aperire (aprire); molti sono caratterizzati dalla proprietà di stimolare la salivazione e, di riflesso, l'appetito. Salvo eccezioni sono caratterizzati dalla prevalenza di aromi amareggianti.
In Italia vengono spesso supportati da stuzzichini di contorno.
Tra i digestivi, talvolta addirittura chiamati ammazzacaffè rientra invece una immensa gamma di cocktail liquori e bevande. Tutte le creme, che vanno dall' irish coffee, al white russian, alla crema di limoncello, ai liquori lisci o on the rocks (con cubetti di ghiaccio) come il brandy, il cognac, il whiskey o la grappa, ai classici amari come il montenegro, il cynar o i classici amari alle erbe

Una figura di spicco nella preparazione di ogni cocktail è senz' altro il barman, spesso considerato una specie di maestro di cerimonia. Lo stile del barman può essere: improvvisato, classico, flair bartender
Il primo si riferisce ad un barman "casalingo"; il secondo ad un barman compito come potrebbe esserlo quello di un albergo a cinque stelle; l'ultimo ad un modello di bartender americano, il cui scopo è far da bere ad un buon livello "divertendosi" con simpatici movimenti, che possono risultare coreografici ad occhi inesperti, ma anch'essi finalizzati alla costruzione del cocktail.

Il flair, sostanzialmente, si distingue in 2 tipologie: il Working Flair e l'Exibition Flair. Il primo è quello caratterizzato da pochi ma essenziali movimenti, piu che altro pratici e finalizzati alla preparazione di uno o più cocktail simultaneamente e, al contempo, distrarre ed intrattenere il cliente. L'Exibition, come dice la parola stessa, è un'esibizione vera e propria, dove i riflettori sono puntati sul barman per alcuni minuti: il bartender esegue veri e propri numeri acrobatici con le bottiglie per giungere alla fine alla realizzazione di un cocktail. Esistono competizioni su scala mondiale di questa disciplina.
Nella tecnica definita "italiana" gli ingredienti sono indicati in decimi, ciò permette di realizzare le quantità necessarie in base al numero dei consumatori.
Nella tecnica definita "americana" gli ingredienti sono indicati in once (oz), ciò permette di avere dosi più precise per ogni drink.
La notazione in decimi tende negli ultimi anni a scomparire, anche se l'AIBES continua a mantenerla affiancata a quella in once. I motivi del lento abbandono della notazione decimale vanno ricercati nella sua imprecisione e nel fatto che ogni bicchiere ha una capacità differente, e senza conoscerla a priori è impossibile realizzare un cocktail perfetto utilizzando il sistema in decimi, mentre il sistema in once non crea problemi di questo tipo.

E adesso per chiudere ricordo ancora una volta che questa è stata Long Drink, Lounge Music, la trasmissione condotta da me, Michele Baldini e trasmessa su Novaradio, dedicata alla filosofia Lounge, di cui questa è un compendio, un piccolo vademecum settimanale per il relax. La terapia migliore per il senso dell' udito. La scaletta dei pezzi e la sceneggiatura sono puntualmente sul blog del mio myspace, www.myspace.com/michelebaldini, dove, chi vuole, può scrivermi. Un abbraccio composto, ma sentito a tutti, a domenica prossima.

Scaletta dei pezzi:
Nelson Riddle - Lolita Ya
Muzzy Marcellino - Heap Big Chief
Les Baxter - Shooting Star Jungalero
Leroy Holmes - Odd Job, Man I Wanna Be a James Bond Girl
Jonah Jones Quartet - Blue Danube Rock
Ernie Freeman Combo - Mountain Greenery
Cy Coleman - Pussycat
April Stevens - Teach Me Tiger
All Stars Terry Snyder - Binga Banga Bonge Pescolator
Al Caiola - Underwater Chuse

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