lavoro giovanile
www.conquistedellavoro.it
Disoccupazione giovanile, Italia al 24,4%, la media europea è del 16,6%
I dati sulla disoccupazione giovanile in Italia sono peggiori solo rispetto alla Grecia, nell'Europa dei 15. Per Bruxelles la disoccupazione giovanile nel Paese è la seconda più allarmante nel club dei Quindici, dove la media è al 16,6%. In Francia il tasso è al 21,6% della popolazione attiva compresa tra i 15-24 anni, dice l’Eurostat; la precedono l'Italia, con 24,4%, e la Grecia, con il 26,4%.
Tra le new entry nell’Ue, solo Polonia e Slovacchia battono questi record negativi, con il 35 e 30% rispettivamente.
www.racine.ra.it
I disoccupati in Italia sono circa 3.000.000; il 17% sono giovani fra i 15 e i 24 anni. La percentuale non è superiore a quella degli altri paesi europei, ma è grave scoprire che i giovani italiani con un titolo di studio superiore vivono la situazione peggiore, rispetto all'occupazione. Fra i giovani disoccupati dai 25 ai 29 anni, in Italia, il 29% sono laureati. Questo è il risultato del fatto che in Italia l'inserimento nel mondo del lavoro avviene più tardi (5 anni) rispetto agli altri paesi.
camera di commercio di milano
di Federico Montelli
Direttore Formaper, Azienda Speciale della CCIAA di Milano
L'imprenditorialità si sta sempre più evolvendo nel nostro Paese da scelta elitaria o di ripiego a scelta consapevole e meditata
Esiste cioè una forte turbolenza che caratterizza la natimortalità imprenditoriale, che si manifesta in un elevatissimo turn-over di imprese in entrata e in uscita. L’aspetto più preoccupante, poi, è che nei flussi in uscita si manifesta un’elevatissima percentuale di mortalità precoce: si pensi a quante risorse monetarie, finanziarie, materiali ed umane (la maggior parte di quelli che falliscono raramente poi ritentano) vengono bruciate in questi tentativi di avviare un’attività imprenditoriale.
Il giudizio positivo sull’attività imprenditoriale è un modello largamente diffuso tra i giovani: sempre dalla stessa ricerca sappiamo che l’85% dei giovani intervistati ritiene che lavorare in proprio sia più soddisfacente che lavorare alle dipendenze. Si tratta di una percentuale che non varia molto tra maschi e femmine, né secondo il tipo di scuola frequentata e neppure secondo il livello culturale dei genitori. Sono casomai i modelli e le esperienze lavorative dei genitori a creare una reale differenziazione nei giudizi comparativi tra lavoro in proprio e lavoro alle dipendenze: coloro che hanno entrambi i genitori che svolgono un lavoro dipendente preferiscono il lavoro in proprio in misura inferiore rispetto a coloro che hanno anche solo uno dei genitori lavoratore autonomo (81,5% contro 93,2%).
il 47% circa ha dichiarato di sentirsi portato verso il lavoro dipendente, contro il 52% che si orienta verso il lavoro indipendente. Al crescere del livello culturale della famiglia cresce anche la propensione verso il lavoro autonomo, che come abbiamo visto è influenzata anche dalla esperienze di lavoro dei genitori.
All’inizio degli anni ’90 assistevamo, come e più delle altre Nazioni europee, ad un fortissimo tasso di disoccupazione giovanile concentrato soprattutto nel Sud Italia e nelle cosiddette lauree intellettuali; i giovani avevano un ingresso lentissimo nel mercato del lavoro e soprattutto dimostravano una forte avversione al rischio, esprimendo una netta propensione verso il “posto fisso” e una scarsa attenzione verso il lavoro autonomo. Oggi, favorito da un nuovo quadro economico, dalle tendenze demografiche e anche – come abbiamo visto – da un più generale mutamento dei valori sociali, questo quadro si presenta fortemente mutato.
La disoccupazione giovanile è ancora alta (circa al 30% contro il dato del 10% relativo alla media generale) ma è in fase decisamente calante e addirittura in alcune aree del Paese si segnalano casi, soprattutto in prospettiva, di shortage di leve giovanili sul mercato del lavoro. Anche se ciò non ci deve far dimenticare che ancor oggi di fronte ad un tasso di disoccupazione giovanile al Nord di solo il 5,4% abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile nel Meridione del 27,4%.
La riduzione della disoccupazione giovanile si è accompagnata ad una leggera riduzione del lavoro autonomo giovanile nella fascia 16-24 anni (in linea con una analoga riduzione anche del lavoro dipendente) ma con un netto aumento del lavoro autonomo giovanile nella fascia fra i 25 e i 35 anni di età.
Anche se ancor oggi il peso dei giovani nella classe imprenditoriale del Paese è relativamente ridotto (solo l’11,2% degli imprenditori è al disotto dei 35 anni di età) soprattutto negli ultimi anni, fra il 1998 e il 2000, si è verificato un netto aumento del lavoro autonomo nella classe di età fra i 25 e i 35 anni (+17,5%). Quanto all’ipotesi che questo fenomeno sia legato positivamente alla nuova economy possiamo solo supporlo, mancando di dati precisi, ma essa appare sufficientemente attendibile.
governo italiano
L' Occupazione giovanile
Al 1° gennaio 2006 i giovani fra i 15 e i 34 anni sono 14.483.654 così suddivisi:
• fra i 15 e i 19 anni 2.897.878
(di questi 234mila hanno un lavoro e 136 mila lo cercano)
• fra i 20 e i 24 anni 3.171.630
(di questi 1milione 320 mila hanno un lavoro e 353 mila lo cercano)
• fra i 25 e i 29 anni 3.798.714
(di questi 2 milioni 471 mila hanno un lavoro e 372 mila lo cercano)
• fra i 30 e i 34 anni 4.615.432
(di questi 3 milioni 425 mila hanno un lavoro e 302 mila lo cercano)
(Fonte: Istat 2006)
Il 7,9% dei giovani uomini fra i 20 e i 34 anni lavora in nero. Una percentuale che per giovani donne della stessa età, sale al 10,6%. Fra queste ultime la proporzione è del 22,1% per le ragazze di 20-24 anni, mentre scende al 4,1% fra quelle di 30-34 anni.
(Fonte: DSD-Isfol 2005)
Tra il 2003 e il 2005 la quota dei contratti a termine dei giovani che si è trasformata in contratti a tempo indeterminato è fortemente diminuita. Due anni fa era il 40%. Secondo gli ultimi dati disponibili viene stabilizzato il lavoro solo del 25% dei giovani. Nel Mezzogiorno la situazione è ancora più grave (il 19%) mentre al Nord ovest la percentuale di conversione è del 33,2%.
(Fonte: Indagine Isfol 2006 per l’analisi e la valutazione delle politiche per l’occupazione)
Formazione e lavoro
Considerando il periodo immediatamente successivo alla conclusione degli studi, risulta disoccupato oltre il 34% dei 15-19enni con la licenza di scuola media, il 25% dei 20-24enni diplomati di scuola secondaria e soltanto il 20% dei laureati in età compresa tra 25 e 29 anni. Per i laureati 30-34enni la disoccupazione scende al 9%.
(Fonte: Istat 2006)
Fra i giovani diplomati che hanno un lavoro il 44,9% ha un contratto a tempo determinato contro il 34,2% dei giovani laureati.
(Fonte : DSD-Isfol 2005)
Le donne studiano di più: tra i giovani di 20-24 anni la quota di diplomati di scuola secondaria superiore è, infatti, pari al 58,5% per gli uomini e al 67,3% per le donne; i giovani di 25-29 anni con titolo accademico sono l’11,9% tra gli uomini e il 18,3% tra le donne.
Ma lavorano di meno: a pari titolo le donne registrano tassi di disoccupazione più alta rispetto agli uomini.
(Fonte: Istat 2006)
Cresce il numero dei giovani inattivi al Sud: il 20% dei giovani meridionali non studia e non cerca lavoro. Fra questi, due su tre sono donne.
(Fonte: Indagine SVIMEZ 2006-AGI)
Nell’ambito di una specifica ricerca è risultato che fra 2.543 giovani intervistati di età fra i 20 e i 34 anni il 53,7% ha dichiarato di avere un’ottima capacità nell’uso del pc, ma solo il 13,1% ha affermato di conoscere molto bene una lingua straniera. Nella fascia più giovane di 20-24 anni solo il 7,4% ha svolto un periodo di formazione all’estero.
(Fonte : DSD-Isfol 2005)
Mobilità territoriale
La propensione a spostarsi dal proprio comune d’origine fra i giovani di età compresa fra i 20 e i 34 anni che cercano lavoro è pari all’81,2% tra gli uomini e al 66,9% tra le donne.
Fra coloro che già lavorano la disponibiltà a farlo è del 73,9% per gli uomini e del 70,1% per le donne.
A “frenare” i giovani sono principalmente motivi familiari (sopratutto per le donne) e l’attaccamento al proprio territorio (sopratutto per gli uomini). Ma a frenare i giovani è sopratutto la scarsa disponibilità di immobili da acquistare o affittare a prezzi per loro accessibili.
(Fonte: DSD-Isfol 2005)
In media un laureato del Nord e del Centro trova un impiego a circa 30-40 chilometri dal centro di residenza mentre un laureato del Mezzogiorno deve spostarsi di oltre 200 chilometri.
(Fonte: Almalaurea)
In Europa
In Europa sono soprattutto i giovani ad avere trovato un nuovo lavoro negli ultimi tre mesi: l’11,9% dei giovani sotto i 25 anni mentre è successo lo stesso solo al 3,6% di chi ha un’età compresa tra 25 e 54 anni e all’1,6% di chi ha più di 55 anni.
Il paese con il più elevato tasso di disoccupazione giovanile è la Polonia, dove il 36,9% dei ragazzi è alla ricerca di un impiego, seguita da Slovacchia (30,1%), Grecia ( 26%) e Italia (25%). I paesi dove la disoccupazione giovanile è più bassa sono Irlanda e Paesi Bassi.
Il 40,1 % degli “under 25″ europei ha un contratto di lavoro temporane, sopratutto nel settore dei servizi. Spagna, Danimarca e Svezia sono i paesi dove negli ultimi tre mesi il mercato del lavoro è stato più dinamico.
(Fonte: Eurostat 2006)
Disoccupazione giovanile, Italia al 24,4%, la media europea è del 16,6%
I dati sulla disoccupazione giovanile in Italia sono peggiori solo rispetto alla Grecia, nell'Europa dei 15. Per Bruxelles la disoccupazione giovanile nel Paese è la seconda più allarmante nel club dei Quindici, dove la media è al 16,6%. In Francia il tasso è al 21,6% della popolazione attiva compresa tra i 15-24 anni, dice l’Eurostat; la precedono l'Italia, con 24,4%, e la Grecia, con il 26,4%.
Tra le new entry nell’Ue, solo Polonia e Slovacchia battono questi record negativi, con il 35 e 30% rispettivamente.
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I disoccupati in Italia sono circa 3.000.000; il 17% sono giovani fra i 15 e i 24 anni. La percentuale non è superiore a quella degli altri paesi europei, ma è grave scoprire che i giovani italiani con un titolo di studio superiore vivono la situazione peggiore, rispetto all'occupazione. Fra i giovani disoccupati dai 25 ai 29 anni, in Italia, il 29% sono laureati. Questo è il risultato del fatto che in Italia l'inserimento nel mondo del lavoro avviene più tardi (5 anni) rispetto agli altri paesi.
camera di commercio di milano
di Federico Montelli
Direttore Formaper, Azienda Speciale della CCIAA di Milano
L'imprenditorialità si sta sempre più evolvendo nel nostro Paese da scelta elitaria o di ripiego a scelta consapevole e meditata
Esiste cioè una forte turbolenza che caratterizza la natimortalità imprenditoriale, che si manifesta in un elevatissimo turn-over di imprese in entrata e in uscita. L’aspetto più preoccupante, poi, è che nei flussi in uscita si manifesta un’elevatissima percentuale di mortalità precoce: si pensi a quante risorse monetarie, finanziarie, materiali ed umane (la maggior parte di quelli che falliscono raramente poi ritentano) vengono bruciate in questi tentativi di avviare un’attività imprenditoriale.
Il giudizio positivo sull’attività imprenditoriale è un modello largamente diffuso tra i giovani: sempre dalla stessa ricerca sappiamo che l’85% dei giovani intervistati ritiene che lavorare in proprio sia più soddisfacente che lavorare alle dipendenze. Si tratta di una percentuale che non varia molto tra maschi e femmine, né secondo il tipo di scuola frequentata e neppure secondo il livello culturale dei genitori. Sono casomai i modelli e le esperienze lavorative dei genitori a creare una reale differenziazione nei giudizi comparativi tra lavoro in proprio e lavoro alle dipendenze: coloro che hanno entrambi i genitori che svolgono un lavoro dipendente preferiscono il lavoro in proprio in misura inferiore rispetto a coloro che hanno anche solo uno dei genitori lavoratore autonomo (81,5% contro 93,2%).
il 47% circa ha dichiarato di sentirsi portato verso il lavoro dipendente, contro il 52% che si orienta verso il lavoro indipendente. Al crescere del livello culturale della famiglia cresce anche la propensione verso il lavoro autonomo, che come abbiamo visto è influenzata anche dalla esperienze di lavoro dei genitori.
All’inizio degli anni ’90 assistevamo, come e più delle altre Nazioni europee, ad un fortissimo tasso di disoccupazione giovanile concentrato soprattutto nel Sud Italia e nelle cosiddette lauree intellettuali; i giovani avevano un ingresso lentissimo nel mercato del lavoro e soprattutto dimostravano una forte avversione al rischio, esprimendo una netta propensione verso il “posto fisso” e una scarsa attenzione verso il lavoro autonomo. Oggi, favorito da un nuovo quadro economico, dalle tendenze demografiche e anche – come abbiamo visto – da un più generale mutamento dei valori sociali, questo quadro si presenta fortemente mutato.
La disoccupazione giovanile è ancora alta (circa al 30% contro il dato del 10% relativo alla media generale) ma è in fase decisamente calante e addirittura in alcune aree del Paese si segnalano casi, soprattutto in prospettiva, di shortage di leve giovanili sul mercato del lavoro. Anche se ciò non ci deve far dimenticare che ancor oggi di fronte ad un tasso di disoccupazione giovanile al Nord di solo il 5,4% abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile nel Meridione del 27,4%.
La riduzione della disoccupazione giovanile si è accompagnata ad una leggera riduzione del lavoro autonomo giovanile nella fascia 16-24 anni (in linea con una analoga riduzione anche del lavoro dipendente) ma con un netto aumento del lavoro autonomo giovanile nella fascia fra i 25 e i 35 anni di età.
Anche se ancor oggi il peso dei giovani nella classe imprenditoriale del Paese è relativamente ridotto (solo l’11,2% degli imprenditori è al disotto dei 35 anni di età) soprattutto negli ultimi anni, fra il 1998 e il 2000, si è verificato un netto aumento del lavoro autonomo nella classe di età fra i 25 e i 35 anni (+17,5%). Quanto all’ipotesi che questo fenomeno sia legato positivamente alla nuova economy possiamo solo supporlo, mancando di dati precisi, ma essa appare sufficientemente attendibile.
governo italiano
L' Occupazione giovanile
Al 1° gennaio 2006 i giovani fra i 15 e i 34 anni sono 14.483.654 così suddivisi:
• fra i 15 e i 19 anni 2.897.878
(di questi 234mila hanno un lavoro e 136 mila lo cercano)
• fra i 20 e i 24 anni 3.171.630
(di questi 1milione 320 mila hanno un lavoro e 353 mila lo cercano)
• fra i 25 e i 29 anni 3.798.714
(di questi 2 milioni 471 mila hanno un lavoro e 372 mila lo cercano)
• fra i 30 e i 34 anni 4.615.432
(di questi 3 milioni 425 mila hanno un lavoro e 302 mila lo cercano)
(Fonte: Istat 2006)
Il 7,9% dei giovani uomini fra i 20 e i 34 anni lavora in nero. Una percentuale che per giovani donne della stessa età, sale al 10,6%. Fra queste ultime la proporzione è del 22,1% per le ragazze di 20-24 anni, mentre scende al 4,1% fra quelle di 30-34 anni.
(Fonte: DSD-Isfol 2005)
Tra il 2003 e il 2005 la quota dei contratti a termine dei giovani che si è trasformata in contratti a tempo indeterminato è fortemente diminuita. Due anni fa era il 40%. Secondo gli ultimi dati disponibili viene stabilizzato il lavoro solo del 25% dei giovani. Nel Mezzogiorno la situazione è ancora più grave (il 19%) mentre al Nord ovest la percentuale di conversione è del 33,2%.
(Fonte: Indagine Isfol 2006 per l’analisi e la valutazione delle politiche per l’occupazione)
Formazione e lavoro
Considerando il periodo immediatamente successivo alla conclusione degli studi, risulta disoccupato oltre il 34% dei 15-19enni con la licenza di scuola media, il 25% dei 20-24enni diplomati di scuola secondaria e soltanto il 20% dei laureati in età compresa tra 25 e 29 anni. Per i laureati 30-34enni la disoccupazione scende al 9%.
(Fonte: Istat 2006)
Fra i giovani diplomati che hanno un lavoro il 44,9% ha un contratto a tempo determinato contro il 34,2% dei giovani laureati.
(Fonte : DSD-Isfol 2005)
Le donne studiano di più: tra i giovani di 20-24 anni la quota di diplomati di scuola secondaria superiore è, infatti, pari al 58,5% per gli uomini e al 67,3% per le donne; i giovani di 25-29 anni con titolo accademico sono l’11,9% tra gli uomini e il 18,3% tra le donne.
Ma lavorano di meno: a pari titolo le donne registrano tassi di disoccupazione più alta rispetto agli uomini.
(Fonte: Istat 2006)
Cresce il numero dei giovani inattivi al Sud: il 20% dei giovani meridionali non studia e non cerca lavoro. Fra questi, due su tre sono donne.
(Fonte: Indagine SVIMEZ 2006-AGI)
Nell’ambito di una specifica ricerca è risultato che fra 2.543 giovani intervistati di età fra i 20 e i 34 anni il 53,7% ha dichiarato di avere un’ottima capacità nell’uso del pc, ma solo il 13,1% ha affermato di conoscere molto bene una lingua straniera. Nella fascia più giovane di 20-24 anni solo il 7,4% ha svolto un periodo di formazione all’estero.
(Fonte : DSD-Isfol 2005)
Mobilità territoriale
La propensione a spostarsi dal proprio comune d’origine fra i giovani di età compresa fra i 20 e i 34 anni che cercano lavoro è pari all’81,2% tra gli uomini e al 66,9% tra le donne.
Fra coloro che già lavorano la disponibiltà a farlo è del 73,9% per gli uomini e del 70,1% per le donne.
A “frenare” i giovani sono principalmente motivi familiari (sopratutto per le donne) e l’attaccamento al proprio territorio (sopratutto per gli uomini). Ma a frenare i giovani è sopratutto la scarsa disponibilità di immobili da acquistare o affittare a prezzi per loro accessibili.
(Fonte: DSD-Isfol 2005)
In media un laureato del Nord e del Centro trova un impiego a circa 30-40 chilometri dal centro di residenza mentre un laureato del Mezzogiorno deve spostarsi di oltre 200 chilometri.
(Fonte: Almalaurea)
In Europa
In Europa sono soprattutto i giovani ad avere trovato un nuovo lavoro negli ultimi tre mesi: l’11,9% dei giovani sotto i 25 anni mentre è successo lo stesso solo al 3,6% di chi ha un’età compresa tra 25 e 54 anni e all’1,6% di chi ha più di 55 anni.
Il paese con il più elevato tasso di disoccupazione giovanile è la Polonia, dove il 36,9% dei ragazzi è alla ricerca di un impiego, seguita da Slovacchia (30,1%), Grecia ( 26%) e Italia (25%). I paesi dove la disoccupazione giovanile è più bassa sono Irlanda e Paesi Bassi.
Il 40,1 % degli “under 25″ europei ha un contratto di lavoro temporane, sopratutto nel settore dei servizi. Spagna, Danimarca e Svezia sono i paesi dove negli ultimi tre mesi il mercato del lavoro è stato più dinamico.
(Fonte: Eurostat 2006)
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