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Guerre persiane è il nome sotto cui è convenzionalmente raggruppata la serie di conflitti avvenuti tra le poleis greche e l'Impero persiano; tali conflitti iniziarono intorno al 500 a.C. e continuarono a più riprese fino al 449 a.C..
Alla fine del VI secolo a.C., Dario il Grande, "Gran Re" dei persiani, regnava su un impero immenso che si estendeva dall'India alle sponde orientali dell'Europa (nello specifico le zone orientali della Tracia).
Nel 546 a.C. infatti, il suo predecessore, Ciro il Grande, fondatore dell'impero, aveva sconfitto il re della Lidia, Creso, e i suoi territori, comprendenti le colonie greche della Ionia, furono incorporate all'impero achemenide.
Tutto ciò aveva comportato la perdita definitiva da parte delle colonie di ogni indipendenza (prima godevano comunque di ampie autonomie) e una drastica riduzione della loro importanza commerciale, a causa del controllo totale che i persiani esercitavano sugli stretti di accesso al mar Nero.
Origini
Nel 499 a.C., istigati da Aristagora, tiranno di Mileto, le colonie ioniche si unirono in una lega (chiamata simmachia panellenica) ribellandosi ai satrapi locali. Le colonie chiesero rinforzi alle poleis greche, ma alla fine solo Atene e Eretria inviarono 25 trireme (20 Atene e 5 Eretria) in aiuto. Aristagora l'anno seguente guidò una vittoriosa spedizione contro la città di Sardi.
Galvanizzati dal successo ai ribelli si unirono allora le città dell'Ellesponto, della Caria e di Cipro. La reazione dei Persiani fu a questo punto durissima: a una a una costrinsero alla resa le città greche, finché nel 494 a.C. schiacciarono definitivamente la rivolta (Battaglia di Lade) alla quale seguì la distruzione di Mileto e la deportazione dei suoi abitanti.
Greci e Persiani
Alla base dello scontro tra Grecia e Persia c'erano soprattutto forti interessi economici e commerciali, relativi soprattutto al controllo dei commerci che passavano per il mar Nero, ma non solo. I due contendenti avevano due diverse concezioni di dominio politico, che inevitabilmente si scontravano tra loro.
I Persiani avevano una concezione territoriale dello stato, cioè il dominio su un territorio indipendentemente dai popoli che lo abitavano. Perciò ritenevano che i Greci non avessero avuto nessun diritto ad intervenire in un conflitto che era avvenuto sul loro territorio.
I Greci invece avevano una concezione etnica dello stato, cioè che indipendentemente da dove si trovasse questo territorio, se era abitato da greci, era greco (Ἑλληνικόν).
I guerra persiana
Dario I decise una spedizione contro Atene ed Eretria, ritenute colpevoli di aver aiutato le città ioniche ribelli.
Nel 492 a.C. Mardonio tentò l'impresa, che però fallì a causa di una terribile tempesta presso il monte Athos, nella penisola calcidica, che distrusse la flotta.
Nonostante l'insuccesso nel 490 a.C. la spedizione fu ritentata sotto il comando del generale Dati e di Artaferne. La flotta persiana passò per Samo, espugnò Nasso, sottomise il resto delle isole Cicladi e proseguì verso Eretria e la distrusse.
Atene a quel punto si ritrovò da sola a fronteggiare l'esercito persiano: l'unico aiuto che ricevette fu quello della città beotica di Platea, che inviò un contingente di mille opliti. Grazie alle capacità militari di Milziade riuscì a resistere alle truppe persiane e i Persiani furono sconfitti nella Battaglia di Maratona e respinti sulle navi. A quel punto i Persiani pensarono di sfruttare l'occasione e si mossero con la flotta verso Atene, doppiando Capo Sunio, con la sicurezza di poter sbarcare incontrastati al Pireo e trovare Atene indifesa, visto che tutto l'esercito si trovava a Maratona; Milziade, però, intuito il piano nemico, ricondusse i suoi uomini a marce forzate verso la costa occidentale, così che, quando i Persiani arrivarono in vista del Pireo, trovarono l'esercito ateniese già schierato e rinunciarono all'impresa, tornando in Persia.
La polis a quel punto decise di intraprendere, nel 489 a.C., una spedizione per liberare le isole Cicladi dai Persiani, ma con esito negativo, poiché l'isola di Paros, alleata dei Persiani, resistette.
La sconfitta costò a Milziade la carriera; fu anche accusato di complicità con il nemico, e subito dopo morì.
II guerra persiana
Nel 486 a.C. a Dario I succedette Serse I. Il figlio decise di vendicare la sconfitta paterna e organizzò subito una nuova spedizione. Se la guerra portata da Dario doveva configurarsi solamente come spedizione punitiva nei confronti delle città che avevano aiutato i rivoltosi ionici, l'impresa di Serse si poneva, invece, intenti di espansione e conquista territoriale del continente greco, al fine di ridurlo a satrapia dell'impero.
Serse affidò al generale Mardonio la costruzione di ponti di barche sull'Ellesponto per traghettare l'esercito e l'apertura di un canale a nord del monte Athos per la flotta; curò inoltre l'organizzazione del vettovagliamento dell'esercito. Si trattava di una spedizione più vasta ed organizzata della precedente.
Di fronte al pericolo i rappresentanti delle poleis greche si riunirono presso l'istmo di Corinto (481 a.C.) e decisero di costituire un'alleanza difensiva, conosciuta come Lega panellenica, sotto il comando del re Leonida di Sparta, ritenendo che fosse opportuno coordinare le operazioni militari e qualunque decisione di carattere politico e strategico. All'accordo tuttavia non aderirono Argo, Corcira, Siracusa (a causa degli scontri che la vedevano impegnata con i cartaginesi, alleati dei persiani) e neanche le città della Tessaglia, della Beozia, della Focide e della Locride.

All'inizio del 480 a.C. gli ambasciatori di Serse I si recarono presso le città greche (ma non Atene, che non avrebbero comunque risparmiato) e chiesero che offrissero loro terra e acqua (γῆ καί ὕδωρ) al Gran Re, cioè la loro sottomissione formale. Le città rifiutarono e rimandarono indietro i messaggeri, mentre a Sparta furono uccisi. Incominciarono le operazioni belliche: mentre la flotta persiana navigava verso l'Attica, l'esercito passò l'Ellesponto con un ponte di barche e penetrò prima in Tracia e poi in Tessaglia.
I Greci, riuniti in una lega, si trovarono però subito in disaccordo su quale fosse la migliore tattica difensiva: gli Spartani premevano perché si affrontassero i Persiani sulla terraferma e lo si facesse all'imbocco del Peloponneso, presso l'istmo di Corinto, che nel frattempo veniva fortificato; gli Ateniesi ritenevano invece che fosse preferibile opporsi con la flotta. Sui due diversi punti di vista pesava soprattutto la considerazione dei rapporti di forza all'interno della Grecia, dato che la fanteria oplitica spartana era di gran lunga la più forte e un'eventuale vittoria sulla terraferma avrebbe arrecato gloria e potere soprattutto agli Spartani, mentre Atene avrebbe ricavato benefici da una vittoria navale, dato che le sue navi costituivano il grosso della flotta della Lega. Nonostante i progetti di iniziativa comune, I Greci si presentarono dunque sostanzialmente divisi di fronte all'invasione: prevalse il piano spartano, ma gli Ateniesi spinsero perché si cercasse di fermare il nemico più a nord. A causa di questi contrasti, solo un ristretto contingente si posizionò al passo delle Termopili, che era la strettoia obbligata verso la Grecia centrale, per sbarrare la strada ai nemici. Nell'agosto del 480 a.C. avvenne lo scontro tra i due eserciti. Dopo giorni di combattimento il grosso dell'esercito greco si ritirò, tranne i trecento spartani di Leonida e i settecento tespiesi che, circondati dai nemici per il tradimento di Efialte, il quale aveva indicato ai Persiani un sentiero (l'Anopaia) per aggirarli, si sacrificheranno per ritardare l'avanzata persiana e dare tempo agli alleati di ripiegare. Oltrepassato il passo, i Persiani dilagarono in Grecia.
L'Attica e la Beozia furono devastate e Atene saccheggiata ed incendiata. Gli abitanti si salvarono solo grazie all'insistenza dello stratega Temistocle, che riuscì ad evacuare la città e a mettere la popolazione in salvo sulle isole. Pochi giorni dopo la presa della città, avvenne la battaglia navale presso Capo Artemisio, che si risolse con un sostanziale pareggio. La flotta greca, però, era ancora integra.
A questo punto prevalse la strategia della battaglia per mare dell'ateniese Temistocle, che aveva assunto la guida della lega panellenica, dopo la morte di Leonida: per convincere gli alleati, gli Ateniesi si servirono anche dell'interpretazione tendenziosa di un oracolo pronunciato dalla Pizia, che aveva consigliato loro di difendersi con un muro di legno. Temistocle ritenne che il muro dovesse essere interpretato non come l'invito a barricarsi nelle città, ma in riferimento alle navi. Un mese dopo, in settembre, avvenne la decisiva battaglia navale presso l'isola di Salamina, vinta dai Greci grazie a Temistocle, che sconfisse la flotta persiana, più numerosa, ma che usava navi troppo grandi e difficilmente maneggiabili in quella zona di mare.
Un contingente persiano si fermò in Tessaglia da dove, con il contributo dei Tebani, nell'agosto del 479 a.C., fece ripartire l'offensiva persiana. Nella battaglia campale di Platea, in Beozia, ci fu la sconfitta definitiva, dove l'esercito persiano venne messo in fuga da quello greco, guidato dallo spartano Pausania, mentre in contemporanea sotto il comando di Leotichida avveniva la battaglia navale presso il capo Micàle, che si risolse in un'altra sconfitta per i Persiani.
L'anno dopo (478 a.C.) le città ioniche dell'Asia minore furono liberate da una flotta greca guidata dallo spartano Pausania (che da lì a poco fu richiamato in patria ed accusato di dispotismo).
A questo punto Atene rimase la sola potenza ellenica interessata all'Egeo e alla Ionia, contro i Persiani.
Sviluppi successivi
La Lega di Delo
Nel 477 a.C. gli Ateniesi fondarono, per iniziativa di Aristide, la Lega delio-attica, una coalizione antipersiana con a capo Atene, che divenne in realtà strumento di controllo ateniese sugli alleati e fonte di ricchezza.
Altre azioni belliche
Nel trentennio successivo continuarono gli scontri con i Persiani.
Cimone, il nuovo stratega ateniese a capo della Lega di Delo, distrusse l'armata e la flotta persiane nel 467 a.C. presso il fiume Eurimedonte in Asia Minore.
Nel 456 a.C. Atene inviò 200 navi a sostenere una rivolta scoppiata in Egitto che era, fin dal 525 a.C., sotto il controllo persiano, ma fallì. Successivamente, nel 451 a.C., tentò di liberare Cipro, ancora con Cimone, ma nuovamente fallì e Cimone trovò la morte nell'isola, anche se la flotta in questo caso non venne distrutta, anzi riuscì a vincere il blocco messo in atto dalle navi fenicie, che erano al servizio dei Persiani, aprendosi la strada alla ritirata e confermando di avere comunque pieno controllo sul mare Egeo.
La conclusione
Alla fine nel 449 a.C. con il contributo di Pericle (di fatto capo di Atene) venne stipulata la pace di Callia: si trattava in definitiva di un trattato di non-aggressione, dove si stabilì l'autonomia delle città greche dell'Asia Minore, benché facenti parte dell'Impero persiano, il controllo dei Persiani su Cipro e il veto per le navi da guerra persiane di entrare nel mar Egeo.
I Persiani
I sovrani persiani non rinunciarono mai alle loro mire sulla Grecia e si occuparono sempre di seminare zizzania fra le varie poleis (divide et impera) finanziandone ora l'una ora l'altra, o addirittura le fazioni politiche all'interno di una stessa città.
Atene e Sparta
Sparta ed Atene divennero così i poli intorno a cui si organizzò la vita politica greca: intorno alla prima si aggregarono i regimi oligarchici, intorno all'altra i regimi democratici. In generale la guerra aveva cambiato gli equilibri interni delle poleis: da una parte i proprietari terrieri (filo-Spartani), dall'altra i mercanti e gli artigiani legati al commercio marittimo (filo-Ateniesi).
Trent'anni dopo le guerre persiane scoppierà la Guerra del Peloponneso per la supremazia tra queste due città.
Fonti
* Erodoto, Storie (fonte principale)
* Tucidide
* Diodoro Siculo
* Plutarco

Nel 480 a.C. gli efori mandarono Leonida a difendere il passo delle Termopili dall'armata di Serse, re di Persia (vedi battaglia delle Termopili). Insieme a Leonida vi erano solo 4000 soldati alleati e 300 soldati spartani scelti appositamente perché avevano figli maschi. Secondo un racconto dell'epoca Leonida portò con sé così pochi uomini perché sapeva che nessuno sarebbe tornato indietro vivo. Pare infatti che Leonida avesse deciso di morire in battaglia poiché un oracolo aveva profetizzato che Sparta sarebbe sopravvissuta solo con il sacrificio di uno dei suoi re. Secondo gli storici, invece, Leonida ebbe con sé pochi uomini perché gli efori non appoggiavano il piano di difendere il passo delle Termopili e avevano deciso di concentrare i loro sforzi sulla difesa dell'Istmo di Corinto.
Molti testi storici (tra i quali le Storie di Erodoto) testimoniano il leggendario coraggio laconico, per il quale gli spartani già all'epoca erano famosi. Nel primo giorno di battaglia, quando Serse intimò ai Greci di gettare le armi, si dice che Leonida abbia risposto "Μολών Λαβέ" (venite a prenderle). E si narra[citazione necessaria] anche che il terzo giorno il re esortò i suoi uomini a fare una colazione abbondante, perché quella notte avrebbero cenato nell'Ade.
Gli uomini di Leonida respinsero gli attacchi dei Persiani per i primi due giorni, fino a quando il rinnegato Efialte (della vicina regione di Malia) condusse il generale persiano Idarne per un passo montano che sbucava alle spalle dei Greci. A questo punto Leonida divise le sue forze in due gruppi, e rimase nel passo con 300 spartani, 700 tespiani e 400 tebani.
Forse Leonida sperava di circondare Idarne e i suoi uomini, ma se è così la strategia fallì e il piccolo gruppo di uomini rimasto con Leonida fu circondato e annientato, eccezion fatta per i tebani che si arresero. Un'altra possibilità è che Leonida abbia diviso l'esercito in due gruppi così che uno potesse ritirarsi senza pericoli, mentre il secondo proteggeva la ritirata dall'inseguimento della cavalleria persiana.
Leonida fu ucciso nel pieno dello scontro, a questo punto ci sono versioni discordanti, una racconta che per quattro volte i persiani rubarono il corpo di Leonida e per quattro volte i suoi soldati lo recuperarono, Erodoto invece racconta che gli Spartani non riuscirono a recuperarne il corpo che fu catturato dai persiani e che Serse ne fece crocifiggere il cadavere dopo avergli fatto tagliare la testa.
Fu sepolto con tutti gli onori e con una grande presenza, poco spartana, di persone piangenti e in lutto. Infatti gli spartani erano soliti vedere la morte in battaglia come un volere del fato ed erano contrari ad una manifestazione esteriore del lutto. Tuttavia l'oracolo di Delfi aveva profetizzato che questo lutto "insolito" era necessario, insieme al sacrificio di un re, per salvare Sparta. La statua di un leone fu piazzata nel luogo dove era morto Leonida per commemorare il sacrificio del re e dei suoi uomini. Vi era scolpita questa scritta:
«Viaggiatore, va' a dire a Sparta che noi siamo morti per ubbidire alle sue leggi!»

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